Il mondo del calcio italiano è scosso da una notizia drammatica: è morto Carlo Tavecchio, ex presidente della Federazione italiana giuoco calcio. Aveva 79 anni ed è venuto a mancare improvvisamente, nelle ultime ore. Non si conoscono per il momento le cause del decesso, ma è stato già stabilito il giorno dei funerali, che si svolgeranno il 30 gennaio a Ponte Lambro.
Vulcanico e spigoloso, era rimasto in carica come presidente della Federcalcio fino alla débâcle di San Siro, quella che costò all’Italia la prima mancata qualificazione ai Mondiali da decenni a questa parte. Rispetto a quanto avvenuto lo scorso anno con il suo successore, Gravina, Tavecchio ebbe in quell’occasione, dopo il fallimento del suo progetto targato Ventura, il coraggio di dare le dimissioni, un istituto che troppo spesso in Italia sembra non esistere.
Era comunque rimasto attivo nel mondo del calcio. All’età di 77 anni, nel gennaio 2021, aveva accettato l’incarico di presidente della Lega nazionale dilettanti Lombardia, il comitato regionale che aveva già guidato in passato, fino al 1999. Ma nella memoria di tutti gli appassionati di calcio rimarranno per sempre alcune uscite fuori luogo ma anche l’audacia di anticipare i tempi con decisioni che hanno avuto un peso importante sullo sviluppo del calcio italiano.
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La sua lunga carriera nel mondo della politica sportiva raggiunse l’apice della visibilità quando, dopo il disastroso Mondiale brasiliano, venne eletto come nuovo presidente della Federcalcio in seguito alle dimissioni di Giancarlo Abete. Nell’occasione superò in volata il suo più grande rivale, Demetrio Albertini.
Il suo triennio alla guida della FIGC, culminato soprattutto nel fallimento della Nazionale di Ventura, ebbe in realtà anche degli indubbi meriti. Fu infatti proprio Tavecchio ad accettare la tecnologia nel calcio e a spingere per la sperimentazione del VAR, di cui è rimasto un grandissimo difensore fino ai suoi ultimi giorni, anche nei momenti di maggior dibattito, come ad esempio all’indomani del caso Juventus-Salernitana.
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Purtroppo, a macchiare la sua immagine, furono però alcune clamorose gaffe. Ad esempio quella riguardante la troppa accoglienza di giovani stranieri nei vivai italiani, rimasta nella storia e costatagli l’etichetta di ‘razzista’: “Noi diciamo che Opti Poba è venuto qua, che prima mangiava le banane, adesso gioca titolare nella Lazio“. Parole che hanno influito pesantemente sul giudizio dell’opinione pubblica sul suo mandato, che a posteriori si è però rivelato non peggiore di quello di tanti altri suoi colleghi.
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